lunedì 6 febbraio 2012





Ora io mi annoio follemente, ed è perciò che le immagini di questo paesaggio gratuito si risvegliano e vengono a me. Spontaneamente, senza una qualsiasi evocazione da parte mia. Una musica, quasi una marcia... E sono drogato, annientato. E' appunto questa estrema gratuità che mi fa orrore, questa sregolatezza totale delle cose... Ciò nonpertanto, ormai... E' mostruoso, lo so. Ma, in fondo, non è attraverso questa fase che giungo a “toccare il fondo” ? Non è laggiù la verità? Essa è sopita, imbavagliata come nell'acqua d'uno stagno, come nel cotone sordo delle nevi. Cieca, oscura verità.
Ecco, posso vedere la donna, la mantide dalla testa triangolare come un progetto cartesiano, ma con la muscolatura che mima una preghiera. Scende dal metrò. Entra in un bar. Non si costituirà mai, porterà le sue follie, trascinerà i suoi trofei macabri, si tirerà dietro i suoi delitti a guinzaglio fino alla morte. Ed è il suo amplesso delittuoso che ci invaghisce... La cieca mannaia del suo sesso...
Nella celluloide, nel primo stagno, nella grotta materna, monsieur le fetus attende il crudo colpo di mandibola delle forbici. Compirà la sua crescita all'aperto, concluderà le sue metamorfosi dentro l'incubatrice solare. Non si negherà il piacere di questa breve veglia, non preferirà la prigione, non si calcificherà nel sonno rifiutando l'avventura, non rimpiangerà nulla: con un bagno crederà, s'illuderà di ripulirsi dei ricordi, dei mondi abbozzati, dell'amnio fatale, del sangue. Verme lavato, mette piede a terra, e gode i primi brividi. Ma non sarà la sua esistenza lo spazio d'una fumata d'oppio, il tempo d'un risveglio a scadenza fissata? Non è da una tomba che è uscito a prendere una breve boccata d'aria per far ritorno a mezzanotte come una cenerentola? Non importa, niente ha importanza. Ruota senza coscienza, che gira per inerzia di abitudini storiche. Altrove la soluzione vien trovata da terzi, vale a dire dai creativi stessi: ecco, ad esempio, proprio sotto il marciapiede, un tombino semiaperto come una orribile smorfia sotto il piatto cappello del coperchio. E sotto quel piatto cappello di cemento e di ferro, qualcosa : una vita morta; meglio: una vita non dichiarata, non vissuta, risparmiata. Al di sotto di quel coperchio, ecco serpeggiare il patetico, muto cordone ombelicale, come una serpe schifosa. ( Un infanticidio permette ad un tombino di diventare una tomba : un miracolo letterale si compie con una sola, piccola esistenza soffocata. Non occorre di più. ) Una cosa risolve, infine questa <<soluzione>> ? Mette essa fine veramente a qualcosa che a un macroscopico cuore neo- nato che avrebbe procurato delle noie e risvegliato delle responsabilità? No, in realtà. Eppoi nulla si risolve in un gesto motivato solo da spiccioli e mediocri interessi, o da vigliaccheria... Che bisogna fare dunque, uomini, amici!... non basterebbero migliaia di aerostati a scatenare una apocalisse da noi stessi voluta e organizzata! Devono venire le guerre a pestarci coi loro zoccoli? I grandi criminali? Gli imperatori del macello?

[Le grandi ombre degli orinatoi, la notte. Parigi rantolante, come un'asmatica. Meglio, come un agonizzante. La torre di S. Jaques sembra credere al delitto come un grosso piacere o una via di scampo. La tour Eiffel sembra credere invece al progresso, champignon en fer, ombelico d'un mondo scheletrico che si veste di cemento per rimpiazzare la carne perduta e illudere gli imbecilli. Grattante il cielo, grattante le stelle, senza ottenere una sola ruga di sorriso. Altrove, la Senna, vecchio cadavere di vecchia, e di vecchia data, sempre pronta ad accogliere nel suo grembo d'acqua ogni novella Ofelia. Corpo spettrale, che rinnova la sua pelle come un rettile, amica e complice di quei disgraziati cenciosi che vuotano una bottiglia sulla riva, e tutti vecchi come lei. Cocotte. Senna mia, non sei che povera, triste cocotte.]

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